La vita è una partita a flipper!

Siamo nelle mani della sorte, bisogna imparare a giocare..!

I fallimenti umani sono una sorgente sacra per la letteratura. Tra le parabole di vite stroncate, i campioni sportivi che hanno rinunciato alla gloria formano una mirabile squadra a cui va aggiunto, da oggi, il talento sprecato di José Pagliara. Con la tipica struggente malinconia della promessa non mantenuta del calcio ? per colpa di un fallaccio che spegne la sua carriera ? José è il protagonista dell’esordio narrativo di Claudio Grattacaso, La linea di fondo , pubblicato da Nutrimenti. Per ventisette anni, José ha covato rabbia e nutrito il rancore contro il suo «carnefice» e ora la sua vita è insabbiata. La moglie, Barbara, è malata, vittima di ossessioni che la tengono in uno stato quasi vegetativo; la figlia ventenne, Irene, comunica col padre solo con gli sms ed è inevitabile che il protagonista conduca un’esistenza consacrata all’amarezza, a sfogliare fotografie sbiadite con uno solo desiderio: «Tornarmene indietro nel tempo». Il gorgo delle riflessioni, le piaghe aperte dei rimpianti e il rimuginare sulle colpe sono oltretutto attività apparentemente vane: «La condizione di un naufrago ? scrive Grattacaso ? non cambia se scopre le cause che hanno fatto andare a picco la nave». Il romanzo procede per piani temporali diversi perfettamente intrecciati tra loro, in modo che al presente si sovrappongano epoche lontane ? il primo incontro con il sorriso della moglie, una fatale partita di calcio dell’adolescenza, l’esordio professionistico, il suo ultimo giorno da giocatore ? in un vortice in cui il tempo non ha più profondità, esattamente come quello in cui si tormenta José. Le scoperte del lettore avvengono insieme alle sue, dato che serve un’esistenza intera per individuare gli errori del passato e gli eventuali rimedi. Presto, si viene a sapere che più dell’infortunio alla gamba, è stato il coinvolgimento della sua squadra nel calcio scommesse ad aver infranto i suoi sogni.Gli astri sconfitti dello sport raccontati dalla letteratura sono sempre anime romantiche, integerrimi idealisti con cui il destino ama accanirsi avvelenandoli con compromessi e corruzione. José Pagliara è un sognatore come lo era la più grande promessa mancina del baseball americano raccontata da John Fante in 1933. Un anno terribile («Sognatori, eravamo una casa piena di sognatori», dice Dominic Molise, che prevede il futuro: «Io ero un grande giocatore di baseball e avrei fallito»); o come Roy Hobbes, il protagonista di Il migliore di Bernard Malamud, che nonostante un dono atletico ricevuto dal cielo rinunciò ai riflettori per colpa di una donna («?Hai letto della mia crisi?, le chiese, sentendo una stretta alla gola nel pronunciare quella parola»).Ma quale crimine deve espiare José detto Freccia? A questa domanda, posta dalla moglie nel 1987, saprà formulare una risposta solo nel 2011: «Adesso so quale crimine dobbiamo espiare: credere di saper vivere. Pensare che tutto dipenda da noi, che le nostre azioni siano così incisive da poter sempre influenzare il corso degli eventi». Claudio Grattacaso ha scritto un libro sul destino, sull’impossibilità di essere fino in fondo protagonisti della vita e non è un caso che appena può, il suo eroe si dedica a giocare a flipper in un bar, perché proprio con la pallina del flipper deve identificarsi: sbattuto da eventi che non sa governare, sospinto dalle mani della sorte. Presa coscienza delle proprie colpe, della disattenzione, degli egoismi, della mancanza di manutenzione degli affetti più cari, all’orizzonte si disegna un pallido sole capace forse di rimettere tutto in moto e di tirare fuori dalla sabbia tutti i personaggi di questo romanzo, incapaci di agire. «Da qualche parte, in un tempo remoto, abbiamo firmato un patto con la sorte, per ogni istante di felicità una bella disgrazia su misura, così tutto finisce in pareggio». Sembra che anche la partita della vita debba terminare con un pareggio, a osservare inermi la palla correre via oltre la linea di fondo, ma quando il libro si chiude ci sono segni che dicono che a José sarà concesso ancora del tempo di recupero. L’esordio di Claudio Grattacaso è convincente, la scrittura è tersa e senza cedimenti, le atmosfere sono architettate in modo rigoroso, e la costruzione della vicenda è articolata con una insolita sapienza romanzesca. È davvero raro che la mano vigile di Grattacaso scivoli e lasci sulla pagina frasi come «dalla persiana filtrano lame di luce polverosa», e comunque, non è mica da questi particolari che si giudica uno scrittore.

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