Il film Pompei è….. semplicemete spettacolare!

Pompei, la storica Pompei, dorme silenziosa e preziosa sotto le colate di lava indurite dai quasi due millenni che la noncuranza e la mala gestione stanno dilaniando, portando una delle perle della nostra penisola a divenire tra le più grandi emergenze culturali dell’umanità.

E mentre in quel puntino di mondo che è l’Italia lasciamo morire un patrimonio immenso e ammalato, in quel di Hollywood il cineasta W. S. Anderson prende spunto dalla nostra storia dimenticata, dall’eruzione devastatrice del 79 d. C. per dar vita al suo kolossal di storica e romantica matrice che ricostruisce, in tono anche eccessivamente favolistico, le ultime ore della città romana.

La sopravvivenza, in Pompei, diviene l’epico moto di un’intera pellicola che unisce l’iniziale lotta fisico/morale nata dai soprusi di umani su altri umani in nome di una supremazia alla corsa verso la salvezza messa a repentaglio dalla forza devastatrice della natura. Imponente, silenziosa e pirotecnica come l’eruzione di un vulcano.

Milo (Kit Harington) è un bambino celta che assiste allo sterminio della sua famiglia per mano delle centurie scatenate da un Senatore romano contro il suo popolo. Il giovane ragazzo resta illeso al massacro ma viene catturato e reso schiavo per poi divenire, crescendo, un gladiatore. È nella splendida provincia romana di Pompeo che Milo, combattimento dopo combattimento, tenterà di ritornare a essere un uomo libero ed è in questo cammino fatto di lotte che non escludono colpi che incontrerà Cassia (Emily Browning) una patrizia ribelle destinata a essere il suo grande amore e si ritroverà faccia a faccia proprio con coloro che hanno distrutto la sua vita. Ma nulla, neanche l’amore e la vendetta, può sopravvivere alla furia del vulcano.

Nonostante alcuni passaggi ben ricostruiti, tra combattimenti e adrenalinici spruzzi di fuoco, Pompei è un film dove la ricostruzione storica e la narrazione lasciano a desiderare palesando, o quantomeno ponendo, il ragionevole dubbio che tutta la costruzione della pellicola sia nata intorno alla voglia di spettacolarizzare la tragedia tralasciando, o almeno sottovalutando, l’importanza della sceneggiatura.

Negli occhi dello spettatore reduce dal lungometraggio rimarranno quindi solo le sgargianti luci dell’eruzione postprodotta che, una volta affievolitesi, lasceranno non poco amaro in bocca nel realizzare che quella copiosa lava cocente era solo tanto fumo di un lavoro che racconta il nulla.

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