Un viaggio alla nostra riscoperta: Figli di nessuno

Questo è un album benedetto perché è stato scritto e prodotto in un momento in cui non avevo più energie e forza. Avevo fatto due Festival di seguito, l’Eurovision (2018, ndr), il tour, il live all’Olimpico e una serie di impegni che mi avevano debilitato fisicamente. Ogni volta che mi avvicinavo alla fine della stagione e pensavo a un album nuovo, mi dicevo che non ce l’avrei mai fatta. Succedeva però che appena mi avvicinavo alla chitarra o al piano avveniva qualcosa di magico. Le undici canzoni sono state scritte tutte di seguito, una dopo l’altra. Ogni volta che riposavo un poco, arrivavano le idee ed era tutto molto semplice, non mi era mai capitato”.

Così si racconta Fabrizio Moro davanti alle telecamere.

Il suo ultimo lavoro discografico, Figli di nessuno, disponibile dal 12 aprile in tutti gli store fisici e digitali, è il decimo album del cantautore romano.

Un viaggio introspettivo attraverso il passato e il presente dell’artista che si racconta senza filtri e maschere di alcun tipo.
Le sue paure, insicurezze, fragilità si mutano nei suoi punti di forza verso la “pace” tanto cercata.

Quest’album si può definire la vera e propria attesa di tutti i fan ma, in fondo, anche dello stesso Fabrizio Moro che, due anni dopo Pace, lascia penetrare la sua aggressività filtrandola con la poesia.

Il viaggio inizia con il brano che dà il titolo all’album: Figli di nessuno.
È il grido di chi, ricolmo di rabbia repressa, è fiero dei traguardi raggiunti con le sole proprie forze, contro tutti quelli che non ci avevano mai creduto.
“Noi siamo in mezzo
Fra la purezza e l’inquietudine di un santo
Noi siamo corpi nell’amianto
Rispetto a te pezzo di fango siamo vivi
E tu non sei opportuno
Noi siamo figli di nessuno”
La melodia di un pianoforte attutisce l’impatto della voce dirompente e schietta, contro coloro che tentano in tutti i modi di mandare in frantumi i sogni altrui.

Il ritmo dirompente, come di chi scaraventa i propri punti contro il vento, si attenua con Filo d’erba, che il cantautore dedica al proprio figlio.
Il senso paterno prende il sopravvento ed è proprio al figlio che Fabrizio Moro augura di poter avere la forza di combattere sempre, nonostante la sua tenera età faccia sembrare il mondo così grande.
“Crescere non è facile però
Tante cose ancora non le so
Ma non devi avere mai paura”

Il ritmo rock di Fabrizio Moro ritorna a farsi sentire in Quasi.
Una chitarra accompagna una cassa che viaggia al doppio della velocità: il tutto esplode in un sound davvero stupefacente.
“Quasi è l’unità di misura
Per capire la distanza fra le bolle di speranza
E il prezzo della resistenza per sopprimere
La parte debole fragile”
Tutti ci siamo ritrovati quasi ad un passo dal riuscire nel nostro intento per poi veder andare tutto in frantumi, crollare nelle nostre stesse mani.
Fabrizio Moro racconta qualcosa che solo il coraggio ci permette di vedere.

Ho bisogno di credere intermezza l’album.
“Ho fede in te e ho fede nell’amore
Per descrivere la fede poi non servono parole
La fede è un conduttore
Fra un dubbio e questo immenso
Quando il resto perde il senso”
La fede diventa essenziale nel momento in cui bisogna rimboccarsi le maniche ed affrontare la vita. Che sia la fede in un Dio, o in una qualsiasi altra entità, diventa l’unico motivo di conforto.

Arresto cardiaco risulta essere il giusto compromesso tra il funk e il rock.
L’ascoltatore non può non essere travolto nello stato di ansia tipico di ogni attacco di panico.
Tieni il tempo e respira!
Questo risulta essere l’atteggiamento in cui l’ascoltatore viene travolto.
“Respiro piano
Qualcuno chiede è ancora vivo è ancora vivo
I battiti sono lontani
Respiro ancora”
Anche questo testo non manca di messaggi importanti:
“Che strano
La vita è un vestito perfetto
Che spesso però non sappiamo indossare
Ma calza a pennello se impari
Che a un tratto puoi smettere di respirare”
Il sound elettronico sarà la vera sorpresa dei live.

Il ritmo torna dolce con Come te, una carezza sulla guancia.
“L’amore è frutto della costanza
Perché è una meta senza distanza
E’ una carezza ispirata dall’alba
Mentre nel freddo il tuo sangue si scalda”
Il vero amore si vede nei piccoli gesti quotidiani.

Il ritmo ritorna incalzante con Non mi sta bene niente. 
Spesso la vita ci fa sentire inadeguati e questo Fabrizio Moro lo esprime bene.
Non mi stava bene niente

Non mi sta bene niente

Non mi sta per niente bene

Non mi sta più niente bene

Non mi sta mai niente bene”
L’assolo di chitarra e il simpatico gioco di parole nell’inciso si inchiodano come un tatuaggio nella mente sin dal primo ascolto. Impossible dire il contrario.

In Me’ nnamoravo de te ritorna il Fabrizio politico, quello stesso uomo che si affaccia alla finestra ed osserva la sua Italia “desta fra soldi e assassini A fare cattiva, ladra e fallita Ma è solo stuprata, confusa e impaurita”.
Sì passa tra gli anni ‘70, dal compromesso di Berlinguer e dalla morte di Pasolini, per gli anni ‘80 di Sandro Pertini, fino agli anni ‘90, macchiati dagli attentati di Cosa Nostra a Falcone e Borsellino, dallo scandalo Tangentopoli per giungere, infine, alla caduta del Muro di Berlino.
Il finale dal brano lascia sospesi: una registrazione di uno spaccato di Radio Aut, la radio libera fondata da Peppino Impastato nel 1977, fa da cerniera conclusiva.

Uno specchio occupa la scena.
È giunto il momento della resa dei conti per Fabrizio Moro: una profonda autoanalisi è ricoperta dal brano Per me.
“E la vita che va
Un minuto un’età
Per me”
Tutti i forse, le fosse, le forze sono davvero serviti all’artista per non far mai cadere le piume dalle ali dei propri sogni che gli permettono oggi di poter giungere più rinnovato che mai.
Il letterario suono del sax, completa l’opera.

Ci troviamo alla penultima traccia dell’album, #A.
I momenti di spensierata felicità meritano un loro inno, ed eccolo qui.
Fabrizio Moro ricalca un testo ricolmo di positività, alla faccia di chi l’ha disprezzato.
“Amore mi fa impazzire questa gioia

Amore mi fa impazzire questa voglia

Di credere che tutto vada
Per il verso giusto”
Il # – diesis della musica greca -, l’intervallo di un tono, e la prima lettera dell’alfabeto, A, sottolineano il marcato accento di spensieratezza.

L’album si chiude con Quando ti stringo forte, un ringraziamento al grande amore del cantautore che raccoglie i pezzi della sua vita, contro le paure che si infrangono ad un passo dal dolore.
“Ma tu sei sempre qui
A salvarmi da me stesso
E mi sembra che la vita sia bellissima
Quanto ti stringo forte”
Un intimo e personale senso di sincera gratitudine.

Di sicuro Figli di nessuno è un album tutto da ascoltare e da scoprire.
Intanto non ci resta che aspettare i primi live del tour nei Palazzetti.

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