E’ tornata la Champions League!

Prima di scendere in campo forti delle parole del mister, della carica del capitano e dall’unione per il raggiungimento dell’obiettivo comune ci si riunisce in gruppo. Ci si guarda negli occhi, si cercano le certezze. Una carezza alla scarpa del fuoriclasse prima di imbucarsi dritti e in fondo al tunnel. Durante l’ingresso in campo i brividi scorrono sulla schiena, l’adrenalina accresce, si mettono da parte l’orgoglio e i pronostici del prepartita. E poi la parola va al campo. Si rincorre dietro ogni pallone, si spende, minuto dopo minuto, ogni energia necessaria per rendere quella notte indimenticabile. Ogni calciatore si impone come obbligo morale quello di lottare fino alla fine che, in quei momenti, non rappresenta nè un modo di dire, nè uno slogan, nè un coro da stadio. In quelle notti significa che solo i tre fischi dell’arbitro ti possono riportare a casa perchè prima ci sono un sogno da inseguire, una maglia da onorare e dei tifosi da rispettare. Molto più di una semplice partita, molto più di 90 minuti, molto più di una semplice vittoria. In queste partite si scrive la storia, si esaudiscono sogni e desideri. Ed è forse proprio per questo che per alcune squadre questa coppa sia diventata un ossessione e rappresenti, quindi, un’utopia, un obiettivo irraggiungibile, come una sorta di maledizione. La coppa dalle grandi orecchie è un po’ il sogno che insegue ogni bambino quando inizia a muovere i primi passi e comincia istintivamente a calciare e rincorrere un pallone. Sogna di diventare un grandissimo. Sogna di poter scrivere la storia. Sogna di vivere notti come queste. Notti di stelle, notti di Champions League o, come piace chiamarle a noi: “Notti di Coppa dei Campioni”.

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