E poi cadde la neve…

Il 23 novembre 1980, la terra dell’Irpinia ha tremato per 90 secondi. La più grande tragedia del Sud dalla guerra: 3.000 vittime e interi villaggi ridotti in macerie. Da quella sera il volto di una comunità ha cambiato forma; generazioni erano passate e l’Italia sapeva che l’angolo meridionale si chiamava Irpinia. Anche oggi se dici Irpinia dici terremoti e pensi che i terremoti abbiano un inizio e una fine. No, non finirà se il dolore dura 90 secondi e 40 anni. Ne hanno parlato papi, politici e reali ma la terra delle ossa è ancora la terra delle ossa, con la sua dignità e il suo fascino. Eravamo a novembre e adesso in Irpinia faceva un freddo gelido. Prova a chiudere gli occhi e a contare fino a 90,  90 terribili e interminabili secondi e dopo , il nulla, nient’altro che un’agonia, che toglieva tempo anche alla fame e al freddo. La gente scavava con le mani, e a volte qualcuno veniva tirato fuori vivo. Sono corsi da tutta Italia. Storie e amicizie nacquero tra persone che parlano lingue diverse. Quel 23 novembre, tutto ciò che era scarso, diventava vitale, prezioso: una coperta era una casa, e un cimelio lasciato dalle rovine per mostrare il proprio legame con il passato. Faceva freddo, l’acqua razionata, e dopo otto giorni di neve, si scavava ancora tra le macerie.

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