La lotta globale contro le mafie: intervista a Vincenzo Musacchio


Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.

Professore lei si occupa di studiare le strategie di lotta alla criminalità organizzata da circa trent’anni e ultimamente ha approfondito le recenti trasformazioni delle mafie, potrebbe fornirci una panoramica delle attuali dinamiche del crimine organizzato a livello globale? 

Le varianti predominanti in questo momento storico sono la transnazionalità e l’integrazione nell’economia legale. Le nuove mafie sono multiformi e con affari diversificati, molto dinamiche, si adattano al territorio che colonizzano e sono tecnologicamente molto progredite. I loro interessi spaziano in un’ampia gamma di beni e servizi: il traffico di droga, di organi ed esseri umani, la contraffazione di merci, la criminalità informatica, il traffico di armi e opere d’arte, il riciclaggio. Nell’era Covid, fanno affari anche nel settore medico sanitario e nella vendita di farmaci e prodotti medicali. Questi delineati sono settori presenti in tutto il mondo. Il loro modus operandi resta sempre violento ma oggi rappresenta l’extrema ratio poiché prediligono la corruzione avendo enormi disponibilità economiche. Le mafie non sono sempre viste come il male assoluto. In molte parti del mondo svolgono funzioni sociali ed economiche verso le popolazioni più deboli e oppresse. Milioni di persone nel mondo dipendono dalle economie illecite create dalle mafie per i mezzi di sussistenza essenziali, la politica sociale, l’accesso ai beni pubblici, la sicurezza delle strade, il lavoro, la sanità. Tutto questo ritorna alle mafie soprattutto come consenso sociale. Il solo traffico di cocaina produce oltre 500 miliardi di dollari di profitti annui e il complesso dell’economia criminale rappresenta circa il 3.2% del Pil mondiale. Messico, Perù, Cile, Colombia, Brasile, Venezuela, sono solo alcuni Stati con un’economia che si regge essenzialmente sul narcotraffico mondiale. La lotta alla criminalità organizzata non può essere combattuta solo da polizia e magistratura, occorrono nuove politiche criminali e sociali, moderne strategie di lotta che coinvolgano a livello mondiale i diritti umani e le libertà civili. Le politiche sociali ed economiche devono essere finalizzate a convincere, con i fatti, proprio quelle popolazioni che vivono dei benefici concessi dalle mafie.  Non semplici misure anti povertà o sussidi economici ma lavoro e diritti sociali. In molti “Narco-Stati” l’illegalità può essere considerata legale e questo aspetto non va sottovalutato. 

Che ruolo gioca il narcotraffico internazionale in questo panorama che ha appena evidenziato?

In America Latina il traffico di droga è violento mentre in Asia, Europa o Stati Uniti non lo è, ma guarda molto all’invisibilità. In Asia orientale, la violenza nei mercati della droga spesso deriva da azioni dello Stato. Le forze dell’ordine nell’Asia orientale (come nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti) possiedono una buona capacità di deterrenza che manca in America Latina. Non sappiamo ancora cosa accadrà in Afghanistan con il recente arrivo dei talebani. La pandemia ha aumentato drasticamente il numero di persone i cui mezzi di sussistenza dipendono da economie illegali, droga in primis, e le ha gettate nelle mani delle mafie. Nonostante i cambiamenti nei tipi e nei modelli di traffico di stupefacenti con utilizzo di droni, droghe sintetiche, diminuzione criminalità predatoria e un forte aumento della criminalità online, il potere dei gruppi criminali legati agli stupefacenti è cresciuto enormemente nonostante l’arrivo del COVID-19. Questo è un altro problema che andrà affrontato.

Secondo lei come dovrebbe essere condotta la guerra alla droga a livello mondiale?  

Con vere politiche criminali e soprattutto adeguate politiche sociali. Le strategie antidroga a livello internazionale non mi pare abbiano ottenuto grandi risultati. Non condivido la reclusione data ai tossicodipendenti poiché la ritengo controproducente. È vero che si riduce la domanda ma di certo non diminuisce la produzione. Chi cade nel vortice della tossicodipendenza ha bisogno di cure mediche e farmaci, non di reclusione. Sono favorevole a che le droghe leggere siano rese legali, partendo dalla cannabis. Legalizzazione delle droghe però non significa mercato libero ma sotto il controllo dello Stato. Sia chiaro che la legalizzazione non risolverà i problemi delle strategie politiche di lotta alle sostanze stupefacenti. Sarebbero molto più incisive le politiche sociali per la creazione di posti di lavoro, aiuti alle famiglie disagiate e una adeguata istruzione. La legalizzazione avrà un senso se con essa saranno affrontati e risolti anche i problemi sociali che affliggono quella fascia di popolazione più debole.

Secondo lei che tipo di strategia politica contro la droga può adottare la Comunità internazionale?

L’ho detto prima: politiche criminali e sociali che rispettino i diritti umani e le libertà civili attraverso processi internazionali e multilaterali tra gli Stati. I mercati legali devono essere controllati in modo efficace. Vanno colpite le piantagioni che creano droga ma per far questo occorre l’accordo degli Stati che non ci sarà mai poiché gli stessi si reggono proprio sull’economia di quelle piantagioni. I cosiddetti “Narco-Stati” dovrebbero impegnarsi a portare sicurezza, diritti sociali e beni pubblici a tutti i loro cittadini, questo purtroppo non accade perché spesso sono collusi proprio con i narcotrafficanti. Come vede non sono problemi di poco conto.

Nel caso dell’America Latina, e in particolare della Colombia e del Messico, quali sono le maggiori sfide nella lotta alla criminalità organizzata e al traffico di cocaina? 

Distruggere tutte le piantagioni e creare immediatamente mezzi di sussistenza legali adeguati per le popolazioni che vivono di quell’illegalità. Fare in modo che ogni famiglia non coltivi più i propri campi di coca, ma abbia una seria alternativa. Un tale approccio sequenziale darà alla popolazione un interesse nel lavorare per la creazione di economie legali e mezzi di sussistenza praticabili. Non si possono lasciare gli agricoltori che accettino di sradicare le loro colture di droga soli e senza reddito. Eliminare tutta la coca senza mezzi di sussistenza alternativi è solo un progetto utopico destinato a fallire sistematicamente.

In merito alla regolamentazione della marijuana prevede grandi cambiamenti a livello globale?

Mi ripeto. Credo che si andrà verso la legalizzazione delle droghe leggere. Penso alla cannabis, dall’uso ricreativo alla produzione. Ciò non significa che accadrà allo stesso modo e con lo stesso ritmo in ogni Paese. Non dimentichiamoci che l’ultima tendenza di trafficanti, spacciatori e consumatori si rivolge verso droghe sintetiche molto potenti come il fentanyl che sono superiori alla cocaina o all’eroina. La produzione e il traffico di tali droghe è molto facile e non richiede lo stesso controllo territoriale, né violenza o corruzione. Non dobbiamo neanche dimenticarci i nuovi mercati dell’Asia orientale e quello nuovo dell’Afghanistan dei talebani. I mercati mondiali sono in fieri per cui prevedo ci saranno notevoli cambiamenti a livello planetario. La fine della pandemia per le mafie potrebbe segnare il passaggio dalle droghe comuni a quelle create chimicamente in laboratorio. Potremmo assistere a una nuova era nella quale il mondo della droga cambierà completamente il suo modus operandi.

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