La vita è una danza

Dopo “l’appartamento spagnolo”, Cedric Klapish torna sullo schermo con una commedia il cui scopo è insegnare il valore della rinascita anche dinanzi alle difficoltà più grandi. Nei primi 15 minuti è racchiusa la storia di Elisa, protagonista della commedia: un corpo che si muove a ritmo della musica classica, un tradimento d’amore, l’orgoglio spezzato e un corpo ferito non più adatto a quella danza. Elisa è un’allettante ballerina che vive nella capitale francese insieme al suo fidanzato. Ma la sua vita è segnata da una scoperta che le cambierà la vita: è stata tradita dal suo ragazzo. Qui Klapish racconta gli attimi precedenti all‘incidente che sarà il fulcro della vicenda: sono gli ultimi passi di danza della protagonista Elise; durante un’esibizione Elisa cade bruscamente a terra infortunandosi gravemente. Questo infortunio mette in pausa la sua carriera, almeno per due anni: un infortunio che costringerà a sospendere la sua vita da ballerina classica, fatta di sbarre e allenamenti continui. La giovane ballerina intraprenderà un lungo cammino che porterà alla guarigione del suo infortunio alla caviglia; decide di seguire in Bretagna una coppia di cuochi, Loïc e Sabrina, l’amica e il suo fidanzato. Insieme preparano piatti celibati per una maison di artisti che ospita per un certo periodo un coreografo israeliano ,Hofesh Shechter, e la sua compagnia di danza contemporanea. Oltre all’amore e al calore dei suoi amici, Elisa avrà la possibilità di riprendere in mano la sua vita. Quello che interessa a Klapish è congiungere i due mondi di danza classica e contemporanea che molti considerano incongiungibili. Per una volta la danza non è solo competizione ma è caratterizzata dal profondo amore di chi la pratica. L’incidente non provoca uno stop permanente, ma la possibilità di ricostruire ciò che è in parte distrutto.

“Non condivido quel lato oscuro e doloroso che spesso associamo al mondo della danza” – ha dichiarato il regista Cédric Klapisch – “Per molte persone, infatti, la danza classica è associata all’idea di sofferenza. C’è ovviamente del vero in questo: i corpi dei ballerini soffrono come quelli dei grandi atleti. Non nego i sacrifici che richiede. Ma ho preferito focalizzarmi più sull’idea della passione che del sacrificio. Non si può essere ballerini senza essere focalizzati sulla vita, perché ballare è soprattutto uno dei piaceri della vita. La storia del film si basa su un’idea di ricostruzione e rinascita, con il desiderio che ci sia bisogno di andare verso qualcosa di positivo e solare, qualunque siano gli sforzi per raggiungerlo. Potrei dire prevedibilmente che è un film sulla vita, – conclude – un film sul piacere profondo di chi balla e che nutre questo desiderio di elevarsi, di superarsi.”

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