“Uno sciopero in sanità non è mai una cosa che si decide a cuor leggero: scioperare in sanità crea sempre un profondo disagio anche sul piano etico. Credo, però, che questo sia il sintomo dell’esasperazione che ha indotto poi i sindacati a dichiarare la giornata di sciopero. E’ un momento per portare l’attenzione della società, se ce ne fosse bisogno, e soprattutto della politica su quelle che sono le problematiche del sistema. Oggi noi partiamo da alcuni dati che sono drammatici: quattro milioni e mezzo di cittadini, secondo l’Istat, rinuncia alle cure; significa che siamo di fronte a una situazione in cui il Servizio Sanitario Nazionale risulta un sogno che si sta spezzando, il sogno covato da Tina Anselmi e tanti parlamenti alla fine degli anni ’70 per cui nessuno fosse mai solo davanti ai problemi di salute”. Così Filippo Anelli, presidente di Fnomceo, in esclusiva ai microfoni di Newzgen, la trasmissione prodotta da Alanews in onda su Twitch e YouTube, in merito allo sciopero del personale medico indotto per domani, mercoledì 20 novembre: “La preoccupazione prevalente in Italia – afferma Anelli – è legata alle liste d’attesa, alla difficoltà che i cittadini hanno di ricevere le prestazioni nei tempi e nei modi dovuti, un problema che evidenzia la carenza dei medici. Nel nostro Paese si è deciso di investire sulla sanità, ma soltanto su strutture e infrastrutture, come prevede il Pnrr che destina 15 miliardi da investire su macchine, piattaforme digitali, comunità ma non mette un euro sui professionisti, le cui remunerazioni sono tra le più basse d’Europa. Veniamo a conoscenza di offerte provenienti, per esempio, dalla Francia che parlano di mille euro al giorno per convincere i nostri medici a trasferirsi, addirittura 1.800€ al giorno di retribuzione per gli ultraspecializzati, cifre assolutamente non coerenti con i 17€ di aumento al mese previsti dal governo. Qualche interrogativo dovremmo pur porcelo”.
“Un altro tema – prosegue – è il burn-out, ossia il sovraccarico di lavoro: sistematicamente i lavoratori si fanno carico del peso lavorativo lasciato dai colleghi che sono andati via. Oggi in un reparto che da dieci medici passa a sette, ci sono sette medici che fanno il lavoro dieci”. Sotto la lente c’è la responsabilità delle regioni: “L’organizzazione regionalistica della sanità – dichiara Anelli – non ha risolto i problemi delle disuguaglianze: ad esempio, la sanità del Veneto è moderna, composta da medici italiani; quella della Calabria è costantemente in affanno, sempre alla ricerca servizi e innovazioni, fatta da medici cubani. Il sistema delle regioni premia chi ha più soldi, è un sistema che non è stato capace di mettere in piedi meccanismi di solidarietà che, guarda caso, sono previsti dall’articolo.2 della Costituzione, non dal 117, che è quello delle regioni. Perchè i calabresi devono essere curati da personale estero? Un motivo ci deve essere”.
La presa di posizione dei medici potrebbe non essere l’unica in caso di mancate risposte da parte del governo: “Sì, penso ci possano essere nuovi scioperi dopo quello di domani – avverte il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri – Penso ci debba essere una mobilitazione, non è più sufficiente che protestino solo medici e infermieri: in discussione c’è un modello di servizio sanitario nazionale che noi tutti stiamo per abbandonare. I cittadini italiani sono chiamati a dire la propria: se si chiede a un italiano cosa identifica l’Italia in maniera forte risponderà che è la possibilità di andare in ospedale senza la carta di credito, a differenza degli stranieri, per esempio gli americani, che vengono in Italia e ogni volta che si ammalano pensano di pagare migliaia di euro e poi scoprono invece che è tutto gratis. Se si vuole un servizio sanitario così universalistico, solidaristico ed equo bisogna difenderlo. Le assicurazioni stanno prendendo sempre più piede nel nostro Paese, è già una prima realtà il fatto che sta avvenendo una transizione verso un sistema di prestazioni dove tu più ti assicuri e più prestazioni hai”.
Infine, il tema delle violenze di cui gli stessi medici sono vittima e che, secondo Anelli, è un argomento non distante dalle motivazioni dello sciopero: “Le violenze a cui assistiamo appartengono allo stesso scenario: i medici sono sempre più considerati come tecnici, addirittura delle imprese, a scapito del tempo da dedicare all’ascolto dei cittadini, che è la parte più nobile della professione medica. Dobbiamo considerare che il tempo di comunicazione è tempo di cura, come afferma la legge. Purtroppo questo non accade ed è un terreno molto fertile su cui la violenza si sviluppa” conclude.